Tumore del Fegato

Tumore del fegato

Cos’è

Il tumore maligno primitivo del fegato può nascere sempre dalle cellule principali, cioè gli epatociti e allora si parlerà di epatocarcinoma o dalle cellule che rivestono i dotti biliari (colangiociti), nel qual caso invece il tumore che ne deriva si chiamerà colangiocarcinoma.
Tra le neoformazioni benigne, l’angioma è un nodulo costituito dalla proliferazione delle strutture vascolari, l’iperplasia nodulare focale e l’adenoma sono entrambi tumori benigni ad origine dagli epatociti, cioè dalle cellule proprie del fegato.
Il fegato è un organo situato nella porzione superiore destra dell’addome (ipocondrio), che assolve a numerose ed importanti funzioni, dal momento che la maggior parte delle sostanze di interesse vitale viene da esso elaborata, immagazzinata, metabolizzata ed escreta, e risulta così avere un ruolo centrale nelle varie vie metaboliche.
I principali tumori benigni sono rappresentati dall’angioma, l’adenoma e l’iperplasia nodulare focale (FNH). I tumori maligni si dividono in due grandi gruppi: i tumori maligni primitivi e tumori maligni secondari o metastatici.

Sintomi

I tumori benigni del fegato sono prevalentemente asintomatici e la diagnosi viene nella maggior parte dei casi posta incidentalmente in corso di esami radiologici effettuati per altri motivi. Raramente, quando raggiungono dimensioni notevoli, possono determinare la comparsa di dolore, sensazione di peso addominale o addirittura massa palpabile. Nel caso dell’angioma o dell’adenoma, evenienza rarissima è l’emorragia addominale, causata dalla sua rottura, per lo più post-traumatica, che determina un’emorragia addominale.
Anche i tumori maligni all’inizio sono spesso asintomatici. L’epatocarcinoma insorge molto frequentemente su una malattia epatica cronica di base (epatite cronica o cirrosi) e per questo motivo non esistono segni o sintomi specifici della patologia neoplastica, essendo mascherati dalle manifestazioni della malattia sottostante. Quando presenti, i sintomi più comuni sono rappresentati da malessere generale, febbricola, dimagrimento, inappetenza. In caso di epatopatia cronica avanzata spesso troviamo anche manifestazioni come ingrandimento della milza, addome disteso per la presenza di grandi quantità di liquido (ascite), colorazione gialla della cute e delle mucose (ittero), presenza di circoli venosi superficiali addominali di compenso.
Per quanto riguarda il tumore delle vie biliari anche in questo caso la clinica è spesso sfumata e non specifica, se non per la comparsa di ittero, cioè una colorazione gialla della cute e delle mucose. Tale condizione è dovuta al mancato passaggio della bile dal fegato nell’intestino e si verifica quando la massa tumorale chiude la via biliare principale, comportando un accumulo della bilirubina e quindi tale caratteristica colorazione.
Le metastasi epatiche invece sono di solito asintomatiche al momento della diagnosi, insorgendo per lo più su di un fegato sano. Esse danno origine a sintomi tipici dell’insufficienza epatica solo in uno stadio avanzato, quando venga sostituito più del 90% del tessuto sano. La loro scoperta pertanto molto spesso avviene o nel corso degli esami di stadiazione effettuati durante la diagnosi di un tumore primitivo in altra sede (allora parleremo di metastasi sincrone) oppure durante gli esami di follow-up oncologico di pazienti con storia di patologia tumorale (metastasi metacrone).

Diagnosi

Per quanto riguarda i tumori benigni, nella maggior parte dei casi la diagnosi viene posta per caso nel corso di indagini radiologiche eseguite per altri motivi. Ruolo fondamentale lo giocano pertanto l’ecografia addominale (che da sola è sufficiente per porre diagnosi di angioma epatico nell’80% dei casi), la TC addome con mdc e la RMN. Solo in casi particolari, in cui la diagnosi è dubbia anche dopo indagini di secondo livello, può essere necessaria la caratterizzazione bioptica.
Gli esami essenziali per la diagnosi dell’epatocarcinoma sono rappresentati dalle indagini radiologiche con mezzo di contrasto, in particolare TC, RMN ed ecografia con mezzo di contrasto (CEUS). Utile per la diagnosi e soprattutto per il follow-up di pazienti con tumore epatocitario è un marker tumorale che si dosa mediante un semplice esame del sangue, l’alfafetoproteina.
Dal momento che l’epatocarcinoma presenta un comportamento specifico al mezzo di contrasto, spesso non è necessario procedere con una conferma bioptica, soprattutto quando vi è concordanza tra due indagini radiologiche contrastografiche. Nei casi dubbi è possibile approfondire mediante un esame istologico tramite biopsie epatiche mirate (eco o TC guidate).
A completamento del quadro diagnostico devono poi essere eseguite una radiografia del torace (o una TC torace), una scintigrafia ossea e, nel caso di disturbi neurologici, anche una TC dell’encefalo per valutare la presenza di metastasi a distanza.
Per quanto riguarda il colangiocarcinoma la diagnosi strumentale si avvale delle stesse metodiche descritte per l’epatocarcinoma, in particolare TC e RMN.
La diagnosi invece dei tumori secondari del fegato avviene o in corso di esami di stadiazione eseguiti per completamento diagnostico di altri tumori primitivi o nel corso del follow-up oncologico e si avvale delle stesse metodiche radiologiche.

Rischi

ANGIOMA: Non esistono particolari fattori di rischio riconosciuti. L’incidenza è comunque più frequente nei soggetti di sesso femminile.
ADENOMA EPATICO e IPERPLASIA NODULARE FOCALE: sono nettamente più frequenti nelle donne in età fertile e la loro presenza è stata correlata all’assunzione di anticoncezionali estroprogestinici, la cui sospensione si può talvolta associare a regressione dell’adenoma.
EPATOCARCINOMA: Molte sono le cause che concorrono a determinare la malattia, tra cui malnutrizione, carcinogeni presenti nella dieta, infezioni parassitarie e virali, tossine, cirrosi epatica di varia natura, tabacco, ormoni sessuali. Le situazioni più frequenti associate alla presenza di tale tumore sono tuttavia:

  • Epatite da virus B: oltre l’85% dei casi di epatocarcinoma si verifica nei Paesi con alti tassi di infezione cronica da virus B. L’infezione da virus B si trasmette tramite esposizione a sangue infetto o a fluidi corporei come sperma e liquidi vaginali (trasmissione sessuale). La trasformazione tumorale causata dal virus B ha un duplice meccanismo: da una parte la replicazione del virus comporta alterazioni a carico del DNA cellulare con un effetto di tumorigenesi, dall’altra lo stato di infezione cronica può portare ad un quadro cirrotico che aumenta il rischio di degenerazione.
  • Cirrosi da qualsiasi causa: si tratta dello stadio terminale di una patologia epatica cronica, in cui il fegato risulta completamente sovvertito per la presenza di fenomeni di cicatrizzazione e rigenerazione nodulare. In tale contesto alcune cellule, continuamente sottoposte a stimoli proliferativi, possono degenerare dando origine a noduli tumorali. Alla base dell’evoluzione cirrotica è presente sempre uno stimolo infiammatorio cronico, le cui cause possono essere molteplici. Le cause principali di cirrosi sono rappresentate dall’etilismo cronico, le infezioni virali croniche (epatite B e C), la steatoepatite cronica non alcolica (cirrosi dismetabolica), l’emocromatosi.

COLANGIOCARCIOMA: la maggior parte dei pazienti non presenta fattori di rischio specifici. È stata rilevata tuttavia una maggior incidenza di questo tipo di tumore in casi di infezioni parassitarie croniche (in particolare nei paesi asiatici o in via di sviluppo). Il fattore di rischio più comune è rappresentato dalla colangite sclerosante primitiva, una mallattia infiammatoria cronica dei dotti biliari, a sua volta strettamente associata alla rettocolite ulcerosa, una malattia infiammatoria cronica dell’intestino. Infine anomalie epatiche congenite come la malattia di Caroli (cisti e dei dotti biliari intraepatici) e le cisti del coledoco si associano ad un rischio maggiore di colangiocarcinoma.

Cure e Trattamenti

TUMORI BENIGNI: il trattamento chirurgico è riservato solo all’adenoma ed all’angioma se di voluminose dimensioni.
EPATOCARCINOMA: la terapia di prima scelta è la chirurgia, tuttavia ogni paziente deve essere attentamente valutato non solo in relazione alle caratteristiche della massa (estensione, multifocalità, metastasi a distanza), ma soprattutto dal punto di vista della funzionalità epatica. Dal momento che la maggior parte di questi tumori insorge su una malattia cronica del fegato, l’organo residuo dopo resezione potrebbe non essere in grado di sopperire alle necessità dell’organismo, determinando una condizione di insufficienza epatica postoperatoria irreversibile. Per tale motivo l’intervento di resezione deve da una parte rispettare i criteri di radicalità oncologica, ma dall’altra deve prevedere il risparmio della maggior quantità possibile di tessuto non tumorale.
Da ricordare comunque che anche in caso di successo chirurgico della resezione, rimane un terreno fertile su cui possono insorgere nuovi epatocarcinomi, rappresentato dalla malattia epatica cronica di base. Per tale motivo in casi selezionati un’opzione chirurgica con scopo risolutorio è rappresentata dal trapianto di fegato.
Poichè in molti casi legati sia allo stadio della malattia che alle condizioni generali del paziente l’opzione chirurgica non è percorribile, esistono metodiche terapeutiche alternative:

  • TACE (chemioembolizzazione epatica transarteriosa), consiste nella somministrazione di un farmaco chemioterapico in maniera selettiva attraverso i rami arteriosi che irrorano la massa neoplastica.
  • TARE (radioembolizzazione epaticha transarteriosa), sfrutta la stessa tecnica della TACE, ma in questo caso l’effetto “killer” sulle cellule tumorali si ottiene mediante l’utilizzo di microsfere radioattive anziché di farmaci chemioterapici.
  • Alcolizzazione percutanea, consiste nella iniezione sotto guida ecografica di alcool etilico all’interno della massa tumorale, che ne determina la distruzione.
  • Tecniche di termoablazione, che consistono nel determinare la distruzione delle cellule tumorali sfruttando l’applicazione di una grande quantità di calore in corrispondenza della lesione mediante strumenti di varia natura (a radiofrequenze o a microonde).
  • Crioterapia, che si basa sull’uso delle basse temperature per indurre la morte delle cellule neoplastiche.

COLANGIOCARCINOMA: anche in questo caso la chirurgia rappresenta la terapia di prima scelta, sebbene la prognosi di tale tumore sia peggiore dell’epatocarcinoma e la resecabilità inferiore al 30% dei casi. Una situazione particolare si verifica qualora la massa tumorale coinvolga le vie biliari extraepatiche, perchè in tal caso potrebbe essere necessario dopo la resezione del tratto coinvolto e confezionare una derivazione biliodigestiva, cioè una anastomosi tra la via biliare residua e l’intestino, per consentire il normale deflusso della bile. Se invece risulta coinvolto il tratto più terminale della via biliare, è necessario comprendere nella resezione anche la testa del pancreas ed il duodeno (duodenocefalopancreasectomia).
METASTASI EPATICHE: nel momento in cui viene posta la diagnosi di metastasi al fegato, significa che il tumore primitivo si presenta (o ripresenta) ad uno stadio avanzato. Nella maggior parte dei casi la terapia è medica, mediante cicli di chemioterapia.
Tuttavia fanno eccezione le metastasi da tumore del colon-retto, per cui invece la chirurgia resettiva (rispettando il principio di preservazione della maggior quantità possibile di tessuto epatico sano), risulta un’opzione fattibile e spesso di prima scelta. Altro caso di metastasi epatiche in cui la chirurgia rappresenta un’opzione sono quelle da tumori neuroendocrini del tratto gastro-intestinale.