Fistola Anale

Con il termine di fistola anale si indicano dei tragitti anomali, il cui punto di partenza è situato nel canale anale, che originano dall’infiammazione di una ghiandola. I germi intestinali che giungono a contatto con la mucosa possono provocare un ascesso e penetrare nell’apparato sfinterico; da qui l’ascesso si diffonde nel tessuto circostante, fino ad aprirsi alla cute perianale, dopo aver attraversato a varie altezze l’apparato sfinterico, o nell’ampolla rettale. Nel suo evolvere, il tragitto fistoloso può attraversare l’apparato sfinterico a varie altezze, identificando così il tipo di fistola. Da quanto finora espresso, quindi, dobbiamo sottolineare i seguenti concetti:

  • ascesso e fistola anale non sono due malattie differenti ma due stadi, acuto e cronico, della stessa malattia;
  • la fistola anale è sempre completa ed il termine di “fistola cieca” è inesatto: la fistola cieca esterna è tale perché il tragitto è in fase di formazione o ha un decorso intramurale, la fistola cieca interna è così definita in conseguenza di un insufficiente esame obiettivo in quanto l’orifizio interno esiste sempre;
  • la fistola anale è sempre transfinterica e, quindi, la definizione di fistola extrasfinterica è inesatta.

Possiamo distinguere:

FISTOLE ANALI TRANSFINTERICHE

FISTOLE ANALI SOPRASFINTERICHE

FISTOLE ANALI INTERSFINTERICHE ( o intramurali)

Nella fase di ascesso il paziente lamenta dolore vivo e continuo, dapprima moderato e successivamente ingravescente, che talora riferisce alla regione perineale e alle cosce, associato a febbre, tenesmo, disuria fino alla ritenzione acuta d’urina.

La visita proctologica viene eseguita col paziente sul fianco sinistro: l’ascesso appare come una tumefazione calda, tesa, arrossata. La palpazione consente di apprezzare la tensione e la diffusione del processo suppurativo, ed è possible a volte anche apprezzare la fuoriuscita di pus dal canale anale. L’esplorazione digitale anale ricerca la presenza di un ascesso profondo e soprattutto identifica l’orifizio primario, che si apprezza sotto forma di una piccola area fortemente dolorabile, bombata o depressa. L’anoscopia permette talvolta di evidenziare la fuoriuscita di qualche goccia di pus dall’orifizio interno.

Nella fase di fistola la sintomatologia è meno eclatante: il paziente in genere lamenta fuoriuscita intermittente di pus dall’orifizio esterno o dall’ano. Non avverte dolore né altri sintomi associati. Frequente è il riscontro di prurito da irritazione cutanea causato dalla secrezione purulenta con conseguenti lesioni da grattamento.

La diagnosi generica di fistola è abbastanza facile ma identificare l’esatta topografia del tragitto ed i suoi rapporti con l’apparato sfinterico non è semplice. La palpazione della regione perianale può far apprezzare il decorso della fistola sotto la cute in forma di un cordone diretto verso il canale anale. All’esplorazione digitale si può apprezzare una zona indurita dove la mucosa è fissa, non scorrevole, sede dell’orifizio interno; con l’esplorazione digitale anale è inoltre necessario cercare l’eventuale presenza di un ascesso intramurale. La specillazione deve essere praticata con estrema delicatezza e prudenza; questa manovra ci consente di definire l’orientamento del tragitto ed i suoi rapporti col complesso muscolare.

La rettoscopia va sempre eseguita per escludere la presenza di lesioni rettali concomitanti.

Altra metodica utilizzabile è la fistolografia: dopo aver introdotto uno specillo rettilineo nel canale anale, si introduce il contrasto iodato nell’orifizio esterno. Si eseguono quindi i radiogrammi e così si precisano le caratteristiche anatomo-topografiche della fistola e si rilevano le complessità del tragitto fistoloso.

La RMN è in grado di identificare le raccolte ascessuali ed i tragitti fistolosi.

Di uso più corrente è l’endosonografia anale; questo esame riesce a visualizzare la presenza di un ascesso, ad identificare un tragitto fistoloso ed i rapporti che questi contrae con l’apparato sfinterico.

La terapia delle fistole anali è chirurgica, in quanto la terapia antibiotica, locale e/o generale, non rappresenta un trattamento radicale. La terapia chirurgica da adottare è strettamente correlata all’altezza del tragitto fistoloso nell’apparato sfinteriale e alla complessità delle sue caratteristiche anatomiche. L’introduzione dall’orifizio esterno di poche gocce di blu di metilene, con conseguente visualizzazione dell’orifizio interno, ha il vantaggio di evidenziare l’intero tramite fistoloso e le sue espansioni, così da asportare perfettamente le zone infiammate; è inoltre necessario praticare un’ampia escissione cutanea, al fine di ottenere un adeguato drenaggio della ferita operatoria.